domenica 22 aprile 2012

LA QUESTIONE MORALE TRA CORRUZIONE E GIUSTIZIA




Convegno:

“LA QUESTIONE MORALE TRA CORRUZIONE E GIUSTIZIA”


Oggi la corruzione è uno dei mali della società maggiormente diffusi ed insidiosi. Secondo le stime, la somma delle transazioni legate alla corruzione sarebbe di centinaia di miliardi di euro ogni anno. In realtà la corruzione colpisce tutti i Paesi con conseguenze devastanti sia sul piano sociale che su quello economico.
La corruzione sembra essere un problema cronico della società italiana. Già conosciuta e oggetto di pubblico dibattito presso i Romani, la corruzione non ha mai smesso di scandire il susseguirsi delle vicende storiche del nostro Paese. Ricordiamo la vendita delle Indulgenze ai tempi di Papa Leone X, che generò, per ripulsa, la Riforma protestante, per passare poi, in anni più recenti, allo scandalo della Banca Romana, che travolse il governo Giolitti nel 1892-93 autore anche della famosa massima “per i nemici le leggi si applicano, per gli amici si interpretano.” e di cui parla anche Pirandello nel romanzo “I vecchi e i giovani “, per arrivare, ai giorni nostri, allo scandalo delle tangenti, indicato dai giornali  anche col nome di "inchiesta di Mani Pulite" o "Tangentopoli". Uno scandalo che, nei primi anni Novanta, ha coinvolto imprenditori e uomini politici e che ha decimato la classe dirigente della cosiddetta Prima Repubblica.
Sono passati vent'anni da Mani Pulite e io credo non sia cambiato nulla, anzi la situazione è peggiorata . La corruzione in Italia appare un fenomeno in crescita preoccupante.
Quando si parla di corruzione si fa riferimento, in realtà, a due reati specifici: la corruzione propriamente detta, quando si offre denaro a un pubblico funzionario per riceverne dei vantaggi e la concussione, quando è il pubblico ufficiale a richiedere una ricompensa in cambio di favori da elargire.
Dopo Tangentopoli, la percezione di tanti è che in realtà la corruzione sia in Italia ancora molto diffusa, allora mi chiedo  perché,  nonostante le condanne talvolta severe , pagati da alcuni inquisiti, la corruzione continua a prosperare nel nostro Paese?
Secondo me  l'Italia non è  ancora una democrazia forte e compiuta, con un mercato concorrenziale ben funzionante. Le procedure della pubblica amministrazione sono farraginose. Il modo di organizzare gli uffici eccessivamente burocratico e superato. Si lavora ancora sulla correttezza formale degli adempimenti e non sui risultati. 
L'interpretazione di norme, leggi e regolamenti intricatissimi lascia ampia discrezionalità al singolo funzionario e crea gli spiragli favorevoli per l'infiltrarsi della corruzione.
Ci sono tuttavia anche dei motivi culturali. Lo Stato è spesso percepito, in vaste aree del Paese, forse a causa dello storico susseguirsi di dominazioni straniere, come qualcosa di estraneo, di antagonista.
L'arricchimento è considerato dagli italiani come il principale segno di distinzione e di superiorità sociale. L'aristocrazia del denaro è l'unica gerarchia riconosciuta. I soldi facili costituiscono una tentazione cui, ai più, è difficile resistere. Anche il potere lo si acquisisce col denaro, più che con la competenza.
Il tornaconto personale, l'appartenenza a una famiglia, un clan, una corporazione professionale hanno sempre la meglio, nel Belpaese, sul rispetto per il bene comune e l'interesse collettivo. Forse persino la nostra appartenenza alla religione cattolica, al contrario di quanto avviene nell'ambito della religione protestante o addirittura calvinista, ci abitua ad essere indulgenti verso le nostre debolezze e i nostri peccati, ci invita all'assoluzione invece che alla condanna e all'espiazione.
Valori di civismo molto diffusi in democrazie molto più mature della nostra, trovano da noi un'adesione soltanto formale, di facciata. La vita pubblica italiana scorre da sempre sul doppio binario morale dei vizi privati e delle pubbliche virtù, del predicare bene e razzolare male.
La corruzione, intanto, non soltanto crea ingiustizia, ma danneggia pesantemente anche la vita economica del Paese. Quando i giochi sono truccati, a vincere sono i più furbi, non i più bravi.
Se l'azienda che vince un appalto pubblico, per esempio, costruisce opere malfatte, inutili, a costi altissimi, il danno che ne deriva alla collettività è immenso. "Ungere le ruote" diventa la prassi abituale se l'appartenenza a un clan fa premio sul merito; nelle scuole, negli uffici, negli ospedali, nelle aziende, nella vita economica in genere di un paese corrotto, vinceranno i mediocri, mentre i più competenti rischieranno di essere esclusi.
Oggi, ovunque nel mondo, la maggior parte della gente ha perso la fiducia nei politici; perché la politica  è  malaffare e la giustizia è  corruzione . Tutti i giorni si legge sulle  prime pagine dei giornali le inchieste giudiziarie, di scandali e avvisi di garanzia, indagini e sospetti (un po’ meno sentenze)  dalle Alpi alle Piramidi  torna la rappresentazione dell’Italia corrotta, e, come ai tempi di Tangentopoli, siamo tutti quotidianamente in attesa dei “prossimi sviluppi”. La nuova narrazione di cui l’Italia a detta di molti avrebbe bisogno rischia di essere ancora una storia trita e ritrita.
Mi sono sempre chiesto se i fenomeni corruttivi, le malversazioni,  gli abusi di potere e le ruberie sono la causa della disaffezione dei cittadini e della crisi della democrazia, oppure la crisi della democrazia è non si dirà mai la causa, ma almeno è una delle cause della corruzione dilagante.  Un conto è pensare che le istituzioni democratiche sono deboli per l’assalto di un esercito di cavallette voraci; un altro è pensare che la debolezza dei sistemi democratici dipende invece da processi economici e finanziari che li tengono sotto tiro e li svuotano della loro sostanza. Nel primo caso, ciò di cui si ha bisogno è un’opera di disinfestazione ; nel secondo, di una cura ricostituente. Magari poi occorrono l’una e l’altra cosa, ma è bene sapere da dove cominciare.
E che se la politica viene percepita come distante o scollata dalla realtà, ciò dipende dal fatto che i politici si fanno gli affari loro, ma ancora di più dipende dal fatto che non hanno più gli strumenti per fare gli affari di tutti.
Corruzione, cospirazioni e scandali politici sono diventati la norma in ogni Paese ed in ogni partito, per cui moltissimi politici ha perso la fiducia anche dei propri sostenitori.  Molti credono che la Politica generi automaticamente la corruzione, di qui il detto: “dove c’è potere c’è corruzione”.  Nessuna meraviglia quindi se la maggioranza delle persone non ha fiducia non solo nei politici, ma anche nella Politica in quanto tale. Molti si rifiutano di votare, non credono più che il voto possa portare dei cambiamenti significativi.
Non votare per i propri rappresentanti è un voto di “sfiducia” per quel tipo di governo.
Spesso le persone disgustate dalla doppiezza di quasi tutti i politici cercano quelli che possono meritare la loro fiducia, ma se per caso riescono a trovarne alcuni, di solito verranno poi traditi anche da questi.  Nessuna meraviglia se taluni pensano che il Parlamento va rimpiazzato da un dittatore.  Altri rifiutano l’ipotesi di un dittatore, ma poiché non vedono alternative, si rassegnano e abbandonano la Politica ai politici.  Ciò peggiora le cose, perché in questo modo si lascia che la società venga gestire da politicanti preoccupati più del loro potere personale che degli interessi della collettività.
 Oggi più che mai  bisogna  gestire la società senza ricorrere ai rappresentanti, con i cittadini che votano direttamente le politiche da attuare invece che votare per eleggere dei politici. Quando tutti i cittadini decidono tutte le politiche, i rappresentanti politici diventano superflui perché il loro lavoro è quello di decidere per gli altri.  
 L’autorità di rappresentare gli altri costituisce un “potere”, ed è questo potere – non la Politica – che genera corruzione.  Abolire il loro potere significa abolire la corruzione.  Senza la corsa a questo potere, la Politica verrà  liberata dall’ipocrisia, dalla doppiezza e dalle cospirazioni 
Quando tutti i cittadini decidono tutte le politiche abbiamo un nuovo sistema politico chiamato Democrazia Diretta. In tale sistema nessuno rappresenta altri, nessuno viene pagato per decidere le politiche, quindi i costi di gestione della collettività vengono ridotti al minimo, mentre aumenta l’interesse dei cittadini per i problemi della società.
 Nessun sistema politico è in grado di curare tutti i problemi politici e credere che possa esistere una simile cura porta a pericolose delusioni perché una simile cura non esiste.  L’abolizione dei rappresentanti risolverà molti problemi politici ma non tutti.  Quando ogni cittadino può proporre, discutere e votare ogni tipo di politica, nessuno ha più l’autorità di decidere per gli altri e di conseguenza il potere dei politici è abolito ; perché oggi  il potere politico è come una droga; tutti coloro che arrivano a possederlo – in ogni organizzazione sociale: Stato, Chiesa, comune, scuola, famiglia – ne diventeranno dipendenti.  Dovrebbero essere trattati come quei drogati che fanno qualsiasi cosa pur di continuare ad ottenere la loro droga.  Molti politici bramano per il potere in quanto tale, ma anche coloro che lo usano per migliorare la società faranno qualsiasi cosa pur di continuare a possederlo.
 La  Democrazia Diretta  abolisce il potere politico proibendo a chiunque di decidere le politiche per gli altri perché nessuno rappresenta gli altri.  Ogni cittadino o cittadina detiene soltanto un voto per ciascun indirizzo politico e rappresenta soltanto se stesso, se stessa.
Se una politica sbagliata produce dei risultati indesiderati o negativi, coloro che l'hanno votata ne sono responsabili. Per evitare il ripetersi dei risultati negativi i cittadini dovranno scoprire perché hanno votato una decisione sbagliata e riconsiderare le loro motivazioni.  Questo li farà cercare in se stessi – non all’esterno di se stessi –  le cause dei problemi politici, per identificarle e superarle.
La Democrazia Diretta può perciò essere descritta così: “Ogni cittadino possiede in ogni momento l’autorità per proporre, discutere e decidere votandola, ogni politica.”  
Questo significa abolire il potere dei politici, abolire la loro autorità di decidere per gli altri.  Ogni cittadino ha il diritto di proporre, discutere e di votare ogni legge ed ogni politica.  Che poi i cittadini vogliano o no usare questo diritto, spetta a loro deciderlo.
La corruzione si può battere, anzi, si deve battere, se si vogliono vincere le sfide della globalizzazione. Riformando la giustizia, rendendola più celere, riducendo il numero delle leggi, ma aumentando la loro efficacia, migliorando la trasparenza degli atti della pubblica amministrazione; sfoltendo, nello stesso tempo, il numero di funzionari, remunerandoli meglio e rendendo più efficiente il loro lavoro. Inoltre è necessario creare le condizioni per una maggiore collaborazione fra gli Stati nel perseguire gli illeciti.
E, soprattutto, bisogna che gli italiani riacquistino i valori di responsabilità e di rispetto verso le regole, nella consapevolezza che l'interesse generale così conseguito, è, in ultima analisi, se soltanto si cerca di superare una visione miope della realtà, l'autentico, vero interesse di tutti noi, cittadini e consumatori.


sabato 7 aprile 2012

Santa Pasqua 2012







Carissimi,
la crisi economico-finanziaria ha messo allo scoperto che non si può vivere di solo benessere materiale. Ci sono in noi esigenze e aspirazioni spiritualiche richiedono una risposta, altrimenti sperimentiamo un grande vuoto interiore. Siamo chiamati ad una conversione di mentalità, di modelli e stili di vita. Dio c'è e viene al nostro incontro. La Pasqua ci offre la grazia di attingere la linfa divina, che scaturisce dal cuore di Cristo, per irrorare la nostra fede, forse illanguidita, e la nostra speranza, forse vacillante.
Dovremmo andare disperatamente alla ricerca di segni di vita, ma siamo bloccati, quasi afferrati da lugubri echi di morte. La crisi economica esaspera gli egoismi di parte e aumenta la conflittualità sociale, la violenza si insinua sempre più nelle nostre strade e, a molti, appare l’unica modalità per affermarsi, l’individualismo continua a minare quel senso di comunità e di solidarietà che ha contraddistinto i momenti più difficili della nostra storia. I valori fondamentali, quelli che danno pienezza e dignità alla vita dell’uomo, sono ormai messi in discussione, sostituiti da un’etica utilitaristica che di per sé è disumana. Sembriamo destinati a una lenta agonia.
Non c’è dubbio che la causa di tutto questo malessere, di questa morte che ci sovrasta, proviene da una persistente emarginazione di Dio: abbiamo pensato di poter far a meno di lui, di bastare a noi stessi, con una fiducia incrollabile nelle nostre forze. Se nel Natale Cristo ci mostra la via per una piena e vera umanità, nella Pasqua egli ce la restituisce redenta dal peccato e dalla morte, riscattata dal fallimento e dalla sconfitta. Attraverso la sua risurrezione egli libera ciascuno di noi da una pretesa autosufficienza che, seppur sempre cercata e anelata, rivela, a lungo andare, tutta la sua soffocante e insensata pretesa di onnipotenza.
A chi ha il dono della fede auguro di poter sperimentare quella liberazione che solo Cristo può dare con la sua vittoria sulla morte; a chi non crede auguro, invece, di trovare dei cristiani che mostrino, attraverso la loro umanità riconciliata, la bellezza di affidarsi a qualcuno di più grande, a quel Gesù che si è caricato tutti i segni di morte sulle spalle per annientarli in un grande e folle gesto di amore. Gli effetti della redenzione, pur compiendosi pienamente al di là della storia, possono già oggi essere percepiti: vite spese per il bene, la verità e la giustizia, consacrate alla carità e alla misericordia dicono che Cristo è vivo e che opera, silenziosamente, ma efficacemente.
Alle persone fragili e sole, ai malati, ai carcerati, a chi è soffocato dalla crisi economica, ai disperati, agli immigrati, alle vittime dell’ingiustizia, alle donne e agli uomini di buona volontà auguro, di vero cuore, una Pasqua di gioia. Possiamo tutti sperimentare la liberazione dall’unico grande male, il PECCATO . Possiamo tutti riconoscere che soltanto affidandoci all’amore misericordioso di Qualcuno che è più grande di noi, potremo cancellare i segni di morte, disegnati da noi stessi sul nostro volto, per colorarci, invece, di luce, quella vera. Quella del mattino radioso di Pasqua!
La Pasqua è la meta del cammino della vita cristiana perché attua la trasfigurazione della vita e del mondo; la Pasqua che celebriamo ogni anno nel tempo prelude e prepara quella eterna. 
Dal profondo della società e da tante situazioni di disagio e di sofferenza avvertiamo che sale un’esigenza di profondo rinnovamento.
La Pasqua di Cristo è dono e sorgente di rinnovamento, di fiducia, di speranza.
Cristo risorge per noi, e noi risorgiamo con Lui. 
Questo è il gran dono che Gesù fa a tutta l’umanità, perché sia nuova, unita dall’Amore e nell’Amore, viva in pace, guardi al futuro con speranza, superando le divisioni e l’egoismo.
Gesù risorto è il trionfo della vita, della gioia, della bontà: ci renda capaci di attuare una forte solidarietà spirituale e materiale con tutte le persone che soffrono,
Auguri!
Buona Pasqua a tutti, nel Cristo Risorto !
Francesco TIANI

giovedì 1 marzo 2012

Il SIAP presente anche in Val di Susa







Il SIAP presente anche in Val di Susa Il SIAP stà con le ragioni del dissenso, ma quando viene espresso in forme civili, pacifiche e democratiche. Si contano ancora una volta molti feriti tra le forze dell'ordine: 18 poliziotti e 11 carabinieri bersaglio di vili attacchi da parte di chi, in spregio dei principi della Costituzione e delle regole della convivenza sociale, senza aver alcun interesse per le libere cause dei pacifici manifestanti, commettono reati e violenze inaccettabili . Giornate dure sono questi blocchi stradali, auto bruciate, giornalisti aggrediti, carabinieri derisi ,ma il sangue freddo dimostrato da quel servitore dello Stato ha unito i cittadini con lo Stato, ma l’odio cieco di quello sconsiderato ci ha ricordato che l’Italia è ancora una fucina di mostri ideologici, di incubi e deliri scollegati dalla realtà e appesi al traliccio dell’alta tensione. Sono uomini fulminati e in nome della legge vanno fermati. Ricordate il 16 marzo 1972, quando i giornali e la radio annunciavano che c’era un cadavere ai piedi di un traliccio dell’alta tensione. Passeranno ore prima di avere la certezza che il cadavere era quello di Giangiacomo Feltrinelli, ma non basteranno né ore e né giorni perché la sinistra, i democratici e l’opinione pubblica progressista di allora riesca a convincersi, a credere che l’editore, l’intellettuale, il militante, il rivoluzionario non sia stato da mani più o meno oscure e assassine cadavere ai piedi di quel traliccio. Era difficile, quasi impossibile credere che su quel traliccio fosse salito per farlo saltare con l’esplosivo e che quell’esplosivo mal maneggiato l’avesse ucciso, la colpa non poteva che essere dei servizi segreti o di una qualche articolazione degli Stati repressivi e delle multinazionali. Oggi a distanza di quarantenni esatti ,27 febbraio 2012, Luca Abbà, militante No-Tav è caduto da un traliccio dell’alta tensione. Non voleva farlo saltare, era lassù per opporsi all’apertura del cantiere. Ora è in coma e nessuno dei militanti No-Tav riesce a credere al drammatico incidente sono certi che Abbà sia vittima, una vittima voluta della “militarizzazione” della Val di Susa. Molto è cambiato e tutto è diverso. Diverse sono le persone, le storie, gli ideali e i modi, ma ci sono anche dei punti di contatto: primo fra tutti i tralicci dell’alta tensione, teatro della morte del primo e dell’incidente del secondo, e poi la reazione dei loro compagni, oggi la stessa di allora, ferma e convinta nel dar la colpa dell’accaduto allo Stato nemico e imperialista. Quarant’anni fa si lottava e in alcuni casi si moriva, per la rivoluzione, pronunciata e pensata . Oggi lo si fa per fermare un treno, un treno diventato simbolo di ogni infamia e ingiustizia. Aspirazione più prosaica e meno nobile ma animata, la seconda come la prima, da un ideale. Un ideale che si fa mistica e che porta a rischiare la vita in suo nome. Sia Feltrinelli che Abbà hanno condiviso la mistica certezza che valesse mettere la loro vita in gioco per qualcosa di “alto”. Questa certezza genera la convinzione che una seconda certezza non è discutibile: il colpevole c’è e veste la divisa, la divisa dello Stato. Mitiche e mistiche certezze che generano a loro volta la fede in una legalità “altra”, l’unica vera e degna: la legalità che si oppone a quella dello Stato, la legalità del proprio “collettivo” migliore di quella della collettività migliore e nemica. Per la “vera” legalità è obbligo e onore combattere, la legalità “altra” è impostura e violenza. Sono gli ingredienti di base della guerra civile, sono gli anticorpi della convivenza civile. Due storie, due vite e due battaglie distanti anni tra loro in cui si ritrovano però degli elementi di continuità. Per questo Val di Susa sta vivendo oggi un’altra lunga giornata di scontri e di tensioni nella lunga storia della lotta per fermare il supertreno Torino-Lione , ma mai la protesta era durata così a lungo oltre 53 ore. La verità è che in Val di susa c'e' lo Stato contro lo Stato. Ci sono i delinquenti che si nascondono dietro il movimento No Tav e c'e' lo Stato rappresentato da persone che rischiano la vita per fare il proprio dovere. Credo che un encomio e un riconoscimento lo meritino tutti gli operatori delle forze dell'ordine che sono impiegati in Val di Susa, non solo il carabiniere che con grande professionalità e sacrificio ha resistito alle provocazioni di un facinoroso, ma tutti gli agenti dei reparti mobili della Polizia di Stato, che stanno affrontando da giorni turni massacranti, senza un pasto caldo , dormendo poche ore al giorno e spesso senza nessuna pausa per andare in bagno. Agenti che guadagnano 1.300 euro al mese netti e che lasciano a casa mogli e figli preoccupati per ciò che può accadere per coprire servizi che di fatto crescono a dismisura a fronte di un personale sempre più anziano, demotivato e demoralizzato. Questi sono gli eroi veri di un Italia alla deriva sempre più apatico e senza speranza , dove i Poliziotti in prima fila continuano ad operare in silenzio, a garantire la sicurezza dei cittadini, a rischiare la vita . Siamo divenuti l'anello debole da massacrare, l’ammortizzatore per le pulsioni sociali delle varie categorie che si sentono anch’esse deluse e amareggiate da una politica sempre più distante dalle esigenze del popolo. Oramai sono lacrime e sangue per i poliziotti, con un comparto sicurezza ormai al collasso, che taglia e taglia senza una strategia sulla sicurezza, senza ascoltare il grido d’allarme che proviene dai suoi uomini . È un vero e proprio bollettino di guerra questo è assolutamente inaccettabile per un paese civile. Teppisti che si nascondono dietro la sigla No Tav Nessuno ha messo Abbà su quel traliccio ,ne tanto meno la polizia di Stato ,se non Abbà stesso e la sua certezza di star lottando contro il male assoluto personificato in un treno. Al di là dell’opinione personale sulla Tav, era proprio necessario arrampicarsi su quel traliccio , ma Luca Abbà lo ha fatto ugualmente, e ha sfidato le forze dell’ordine che gli urlavano di smetterla, di stare attento, perché era molto pericoloso. Speriamo che si riprenda, ma non trasformiamo Luca in un eroe . E, se proprio qualcuno lo ha aiutato a salire lassù, sono stati i molti, i troppi che fanno finta di non sapere che la Torino-Lione è stata votata da due Parlamenti, da due governi, quello italiano e quello francese. Possono aver sbagliato, sono decisioni che possono essere discusse e contestate,ma sono decisioni democratiche e legali. Volerle scardinare non è la rivoluzione ma la rivolta, quaranta anni fa questa differenza Feltrinelli la conosceva; oggi il confine è stato cancellato e smarrito. La parabola è diventata una narrazione confusa, ipocrita, smemorata e incosciente; una sorta di guerra civile. Una manifestazione che testimonia due aspetti: da un lato la capacità duratura di un movimento che si è radicato nel corso di vent’anni, che è stato capace sia di conservare il nucleo degli abitanti della Valle, sia di diventare un simbolo incarnando l’opposizione delle opere inutili. La marcia ha dato l’idea che questo è un movimento molto solido nelle sue convinzioni, è un peccato che questa esigenza di cambiamento reale rimanga scritta nelle pagine di cronaca, di politica e non in quelle di storia, perché siamo di fronte a un percorso imponente che ha costretto a ragionare sul rapporto territorio-politica e sulla questione democratica. Dal dialogo alla fermezza; dal diritto di protestare sancito da ogni democrazia alla condanna unanime della violenza, da una questione valligiana a un problema che investe tutto il Paese. SEGRETARIO NAZIONALE FRANCESCO TIANI

martedì 21 febbraio 2012

Grazie!



EDIZIONE SPECIALE

Grazie!

È con questa semplice e nobile parola che apriamo il nostro comunicato per esprimere gratitudine a tutti gli iscritti,  ai Quadri Sindacali e ai collaboratori che hanno riposto in Noi la fiducia e la speranza di cambiamento insite nel nostro lavoro quotidiano. È, soprattutto, grazie a LORO che per la prima volta nella storia del sindacalismo di polizia nella provincia di Bari, che il SIAP raggiunge l’ambito traguardo che lo indica (dati ufficiali alla mano) come il sindacato di maggioranza (relativa) di questo capoluogo. Nonostante alcuni meschini tentativi in atto (degni della peggiore tradizione sovietica a cui per tanto tempo alcuni si sono ispirati), finalizzati ad offuscare il clamoroso e (consentitecelo) meritato risultato.
Il risultato del grande lavoro fatto nel 2011 è sotto gli occhi di tutti (anche di chi perde tempo prezioso ad attaccarci, piuttosto che cercare di risolvere i problemi dei poliziotti. Sveglia! Il mondo cambia alla velocità della luce, innovazione e comunicazione la nostra forza).
Quello che raccogliamo è il risultato di un lavoro sinergico tra noi e i colleghi iscritti che ci hanno dimostrato una spiccata sensibilità alle problematiche dell’intera categoria dei poliziotti, consapevoli dell’importanza del valore della sicurezza dei cittadini nella nostra società. Grazie alla vostra stima siamo risultati, quindi, il PRIMO SINDACATO A BARI, un risultato che accogliamo con grandissimo entusiasmo  ed emozione e che ci investe di un nuovo senso di responsabilità nei confronti di questo riconoscimento e ci proietta verso una nuova sfida. Per il 2012, infatti, non si intravedono segnali positivi e  gli effetti della crisi economica internazionale rischiano di essere ancora più pesanti. Nonostante la presenza di un sistema di ammortizzatori sociali,  frutto delle lotte sindacali degli anni scorsi, che riesce, almeno in parte, a ridurre i disagi creati dalla crisi; disagi sociali che compromettono e mettono a rischio la sicurezza sul territorio.
Attraverso il vostro  contributo ed ai sacrifici che quotidianamente i poliziotti si sobbarcano (indispensabili per continuare a garantire un'efficiente ed efficace controllo del territorio), ci auguriamo di avervi al nostro fianco sempre più numerosi nella  lotta sindacale, affinché  il Governo in carica e quelli futuri veramente si interessino alla sicurezza del Paese e di conseguenza al benessere degli operatori di Polizia. 
Il SIAP  continuerà la propria lotta per difendere i diritti dei lavoratori del comparto sicurezza e per definire delle politiche sociali in favore della  persona e della divisa.
Siamo consapevoli, però, che tutto ciò non basta; abbiamo ancora molto da fare per combattere le conseguenze della crisi ma, soprattutto, per convincere chi ci Governa a realizzare una  politica  che crei nuovi posti di lavoro e dia  fiducia, in primis alle nuove generazioni e che, in un panorama sociale via via sempre più complesso, garantisca dignità alle forze dell’ordine e, quindi, sicurezza ai cittadini. 
Mentre il nostro Paese si ritrova sempre più  apatico e con poca speranza per il futuro, i Poliziotti (in prima fila) continuano ad operare in silenzio e nel rispetto delle regole democratiche, a garantire la sicurezza dei cittadini e per essa a  rischiare la vita. Anche quest’anno alcuni diritti fondamentali della categoria sono a rischio, a causa dei mancati impegni del Governo.


La cosa che  più ci rattrista è notare i vertici dell’Amministrazione, seppur consapevoli delle problematiche esistenti, frutto di scelte di politica economica degli ultimi Governi (da noi combattuti aspramente, senza alcuna differenza di orientamento politico), che, in realtà, non riducono gli sprechi, ma penalizzano le eccellenze e, soprattutto, iniziano a far vacillare quei sacrosanti diritti, frutto di trent’anni di lotte sindacali.
La denuncia (non falso allarmismo) dei sindacati di Polizia non è esagerata. Ci sono, invece, dati e cifre alla mano, che confermano che la politica non si interessa veramente ai nostri problemi. Si ha l’impressione che si stia lentamente ed in maniera inesorabile, scivolando verso una paralisi del sistema sicurezza. Forse consapevolmente. Ritenendola (la sicurezza) un costo o, peggio, generatrice di costi (il costo delle indagini, il costo dei detenuti, etc.).
Attesa la situazione drammatica (siamo completamene immersi nella crisi), il SIAP ha necessità di trovare subito e senza altre perdite di tempo una soluzione concreta ai problemi delle Forze dell’Ordine. Siamo stanchi di questa politica  che si interessa di cose distanti dalla realtà.
Vogliamo fatti e non tollereremo altre chiacchiere. La vostra rabbia e indignazione è anche  quella del  SIAP,  che ribadisce ancora una volta  di fronte al disinteresse del Governo che  rispetto ai sacrifici e agli impegni richiesti agli uomini e alle donne in uniforme, c'e' la convinzione che da parte dell' esecutivo non vi sia la dovuta attenzione al rischio di collasso del sistema sicurezza e al dovuto riconoscimento della dignità professionale e della specificità  del lavoro. Le ''promesse” e i continui impegni assunti dal Governo e dai  Ministri, ad oggi non hanno avuto alcun riscontro nei provvedimenti “salva Italia”, tanto che la percezione dello stato di abbandono in cui versano i poliziotti ed il complesso sistema sicurezza del Paese, è altissima.
Se i responsabili attuali del Governo del Paese, non cambieranno l’approccio verso i problemi della categoria, state certi che diremo forte e chiaro alla politica, che da parte dei poliziotti non c'e'  più alcuna disponibilità ad assistere muti agli sprechi ed al permanere di privilegi, per nulla intaccati dagli ultimi provvedimenti. 
È arrivato il momento di gridare forte quelle che sono le aspettative di tutte le persone perbene di questo Paese. Basta con i furbi che non pagano le tasse (a quando una riforma fiscale che tenga conto di equità e giustizia sociale?); basta a far pagare sempre e soltanto lavoratori e pensionati; basta consentire alle organizzazioni mafiose di controllare il territorio e condizionarne investimenti e sviluppo (in ogni parte d’Italia ormai). Vogliamo un Paese che sia capace di creare sviluppo e lavoro nel pieno rispetto delle regole; un Paese che sia orgoglioso e riconoscente (non solo a parole) alle sue forze dell’ordine. Lottiamo per un’Italia più sicura e più giusta.
Un’ultima notazione. Con il raggiungimento di questo primo traguardo, la nostra attività sindacale avrà ulteriori stimoli. Cercheremo di migliorare la qualità dei servizi che offriamo (oggi oltre il 95% degli iscritti si rivolge ai nostri uffici per chiedere di vedere soddisfatte le proprie esigenze). Ancora un grazie di cuore va a tutti i collaboratori del SIAP, che quotidianamente, con professionalità e pazienza, sono a disposizione degli iscritti.
E immensamente G R A Z I E a tutti coloro che, anno dopo anno, sostengono economicamente il nostro Sindacato ed hanno continuato a farlo ogni anno piu’ numerosi.

domenica 12 febbraio 2012

Senza risorse il sistema prima o poi crollerà … intanto i poliziotti sempre più delusi


Stiamo vivendo un momento storico sociale molto particolare dove la parola d'ordine è RIGORE , per far quadrare i conti dello stato. Di pari passo stiamo affrontando un momento in cui la criminalità sta dando gravi problemi alla sicurezza delle nostre città. Non passa giorno che i media non segnalano il problema della sicurezza, sottolineando l’aumento della criminalità di strada, che fa  aumentare il senso di insicurezza in cui si trovano a vivere i cittadini. Basta guardare le grandi città per avere conferma di ciò.
Siamo divenuti l'anello debole da massacrare, l’ammortizzatore per le pulsioni sociali delle varie categorie che si sentono anch’esse deluse e amareggiata da una politica sempre più distante dalle esigenze del popolo. Oramai sono lacrime e sangue per i poliziotti, con un comparto sicurezza ormai al  collasso, che taglia e taglia senza una strategia sulla sicurezza, senza ascoltare il grido d’allarme che proviene dai suoi uomini . Peraltro che importa se mancano uomini, mezzi, se i poliziotti vivono sull'orlo della povertà , se sono costretti a rinunciare a stare vicino alla famiglia e i figli per coprire servizi che di fatto crescono a dismisura a fronte di un personale sempre più anziano e, demotivato e demoralizzato.
Il problema è serio e impone un approccio razionale, che non dia però spazio all'emotività, questo per evitare che gli eventuali rimedi non siano inappropriati o che facciano correre il rischio di  dare “sicurezza” a scapito della libertà di tutti. In questo clima registriamo un malcontento delle forze dell'ordine che vedono caricarsi di nuovi compiti come ad esempio quelli derivanti dal decreto “svuota carceri”, senza però fornirgli le strutture e le risorse necessarie. Come possono conciliarsi le due cose, che invece sono incongruenti e contrastanti.  Se lo chiedono i poliziotti , attraverso il  sindacato SIAP   che li rappresenta e cerca in tutti i modi di tutelarli ;  ma lo spirito che  anima i Poliziotti va al di là della politica e delle varie strategie internazionali, oggi la dura realtà è che  si sentono  soli ed abbandonati dalle istituzioni.
 Sempre più  poliziotti iscritti e rappresentati dal  SIAP per  avere una lotta sindacale vera, perché abbiamo un governo che produce norme che di fatto dimostrano l’inadeguatezza di chi le ha partorite, come il Decreto “svuota carceri”.  Questo modo d’agire del governo documenta la mancanza di conoscenza del problema, oltre che una grande superficialità, spostando solo il problema del sovraffollamento sulle spalle dei lavoratori della Polizia di Stato , già fortemente colpiti dalla manovra finanziaria .
In fatti il governo ha posto la fiducia sul  “svuota carceri”. Hanno fatto un indulto mascherato mettendo a rischio sempre di   più la sicurezza dei cittadini, non permettendoci neppure di discutere i nostri emendamenti per migliorare un testo che, così com'è, è inaccettabile. Il SIAP ha più volte sottolineato a chi di competenza  la pericolosità  di questo  decreto svuota carceri, ma questo governo e' sordo a qualsiasi dialogo . Il ministro della Giustizia giustifica la fiducia per ragioni di tempo  in realtà c’erano ancora 15 giorni prima della scadenza dei 60 per la conversione, durante i quali era possibile, e quindi doveroso, rispettare il lavoro del Parlamento ed evitare di imporre un pasticcio che finora ha provocato solo danni. Fin dall'inizio vi sono state motivate riserve da parte del SIAP e tutti i  sindacati, partiti, rappresentanti delle istituzioni, singoli parlamentari, ma  tutte puntualmente ignorate dal governo.
 La questione delle carceri italiane e la conseguente soluzione trovata e cioè di trattenere i detenuti nelle camere di sicurezza delle Questure, non può diventare una “guerra tra poveri”, né un mezzo per acuire uno scontro di cui nessuno sente il bisogno. Questo è un atteggiamento impositivo assunto senza nessun criterio logico. Una NON  soluzione, quella assunta dal Governo, perché non risolve i problemi né dei detenuti, né delle carceri, né tanto meno delle Forze dell’Ordine e né quelli dei colleghi della Polizia Penitenziaria
Troppo facile e troppo comodo “scaricare” il peso insopportabile di un sovraffollamento di detenuti, oltre 68 mila, la cui genesi e progressività nei numeri sarebbe tutta da studiare, analizzare, setacciare, interpretare e capire.
E' evidente che le nuove disposizioni in materia di arresto e custodia presso le camere di sicurezza che devono essere adibite nelle questure e nelle caserme costituiscono un problema di non poco conto, ma non è ribaltandole sull'amministrazione penitenziaria, già sottoposta da anni a tagli dolorosi della spesa e che non riesce ad assumere altri dirigenti penitenziari ed altro personale specialistico, che la questione può essere risolta o, forse, “tumulata”.
Tra l'altro è singolare che solo nel momento in cui si decide che le persone arrestate debbano sostare per le prime 48 ore presso le camere di sicurezza ci si rende conto che questo costituisce un costo, una emorragia di risorse umane per la sorveglianza, una spesa economica per l'approntamento dei locali, per la loro messa a norma, per i servizi che devono prevedersi dagli impianti igienici a quelli elettrici e di sicurezza, da quelli della fornitura dei pasti all'assistenza sanitaria, etc.. Certo che tutto questo ha un costo ,ma di esso si scoprirà  l’esistenza solo quando non è più a carico dell’amministrazione penitenziaria, ed allora improvvisamente si scoprirà l'importanza della dignità della persona, del rispetto che si deve ad essa, tanto più in un momento in cui, in punto di diritto, potrebbe essere innocente ed essersi trovata, per i mille dispetti della sorte, in condizioni di non apparirlo subito. Se  le persone arrestate per reati non gravi e in attesa di processo per direttissima vengano custodite per le prime 48 ore dal fermo non in carcere, ma nelle camere di sicurezza della polizia non solo non sono  attrezzate  , ma non si può assicurare la sorveglianza interna ed esterna come può essere sorvegliato un carcere anche per la  mancanza di personale .Già i Direttori penitenziari, in qualunque momento della giornata, che sia festiva o feriale, che sia giorno oppure notte, devono  sentire la spina dorsale vibrare ad ogni trillo di telefono, temendo di sentire: “è morto un detenuto”, oppure “hanno preso in ostaggio un agente”, non è giusto che gli agenti di polizia debbano, per le sole prime 48 ore, vivere analoghe ansie.
Così improvvisamente si scoprirà  il rischio suicidario , l'autolesionismo, le malattie infettive, le eventuali cure mediche interrotte, il pericolo di intolleranze alimentari e di allergie, etc. etc. Sono ormai da anni che i  direttori,  gli operatori penitenziari tutti dicevano  che il sistema penitenziario, con le risorse di cui dispone non può farcela, che esso è piegato da un catalogo di reati e di pene esagerato, il cui numero cresce di giorno in giorno, di legislatura in legislatura, che ogni fatto di cronaca nera partorisce la nascita di una nuova più articolata fattispecie, ragione per cui sta oramai esplodendo e che impone, necessariamente e velocemente, di rivedere nel suo complesso, le strategie della Sicurezza, in quanto in un sistema dove tutto diventa penale inevitabilmente assolve ogni cosa e rischia di far rimanere imbrigliati solo i più deboli ed ingenui manovali del crimine e del disagio.
Quindi le camere di sicurezza che in base al decreto legge del governo dovrebbero ospitare chi viene arrestato in flagranza di reato sino al giudizio direttissimo senza passare dal carcere sono troppo «poche», e non garantiscono la dignità di chi vi dovrebbe essere rinchiuso.
Sono 1057 CAMERE TRA POLIZIA, CARABINIERI E FINANZA. Delle complessive 1057 camere di sicurezza, 658 sono a disposizione dei carabinieri, 327 della polizia e 72 della Guardia di finanza dove mancano “accessori indispensabili per la dignità delle persone” tutte sono inadeguate ai nuovi scopi che si vorrebbero loro attribuire: non ci sono servizi igienici, non c'è separazione tra uomini e donne e non sono organizzate in modo da consentire l'ora d'aria. Insomma, mancano i requisiti minimi per assicurare «la dignità» dei detenuti ed adeguarle costa troppo, visto che i fondi l'anno scorso si sono fermati  a pochi euro.
Oltre al fatto che la polizia  non è  addestrata né organizzata per questo tipo di lavoro,  perché  la detenzione è un compito della polizia penitenziaria, mentre polizia e carabinieri nascono per agire nelle strade. Bisogna anche tener presenti i numeri del personale di polizia (107.000) e carabinieri (114.000), che hanno un organico “fermo al 1989” quindi   non solo  i turni di sorveglianza sottrarrebbero forze consistenti al controllo del territorio,  ma  evidentemente non hanno la benché minima conoscenza delle criticità che affliggono le forze di polizia, hanno pensato di scaricare  anche questo  problema annoso del sovraffollamento delle carceri direttamente sugli operatori delle forze dell’ordine cui, invece, sono demandati compiti di prevenzione e controllo del territorio", spiegando che anziché intervenire direttamente sugli istituti carcerari, aumentando il personale utilizzando le strutture costruite che stanno a marcire nel territorio italiano ed alleggerire la Polizia Penitenziaria dalla situazione insopportabile cui da troppo tempo è vittima hanno spostato il problema su altri organici, già notoriamente in difficoltà, deputati ad altre attività istituzionali.
L’inserimento delle camere di sicurezza degli Uffici di polizia nel circuito carcerario come luogo ordinario, anche se temporaneo, di detenzione delle persone, senza avere tutte le caratteristiche tipiche dei luoghi di detenzione, superando la situazione pregressa che le considerava come luoghi di trattenimento temporaneo per il tempo strettamente necessario per l’adempimento delle procedure stabilite dalla legge connessi all’arresto, anche se dettato dalle ragioni sopra esposte, costituisce senz’altro un processo involutivo nell’ambito della civiltà giuridica e delle politiche sanzionatorie e carcerarie. Il SIAP conclude questa missiva  affermando che "la sicurezza e la giustizia non si gestiscono con provvedimenti estemporanei ed avanzi di gestione, ma con provvedimenti organici ed investimenti adeguati. La polizia non  ha camere di sicurezza sufficienti, non ci sono uomini per poter controllare queste persone, rischiamo di distogliere volanti e gazzelle dal territorio e mancano i fondi per assicurare una permanenza dignitosa agli arrestati, ma soprattutto la detenzione per 48 ore nelle nostre celle degli arrestati metterebbe in crisi il sistema di sicurezza dei cittadini. Decreto "fortemente sfavorevole" per i poliziotti e tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine che prestano servizio sul territorio . Per questo, il sindacato di polizia SIAP, si appella direttamente al Tagli che si traducono direttamente sulla sicurezza, ma anche sulla giustizia: sicurezza vuol dire più uomini e pattuglie per le strade che non ci saranno mai se si continua così. 

venerdì 3 febbraio 2012

BOLLINO ROSSO NEL GARGANO


Ancora una volta il SIAP  si ritrova a  registrare l’indifferenza delle istituzioni alle problematiche della sicurezza nella  Provincia del Gargano .
Il SIAP aveva  lanciato un appello  l’anno scorso ai rappresentanti delle forze politiche garganiche e al Questore , affinché, in maniera unitaria, si facessero  portavoce delle esigenze di sicurezza che provengono dal territorio, promuovendo le iniziative più opportune per l’adeguamento degli organici delle forze dell’ordine alle esigenze di questa Provincia.
Dovete  intervenire subito, altrimenti la situazione sarà impossibile da gestire .
Sui giornali  si discute   sulla  mancanza di  sicurezza, intanto continuano le rapine , infatti, cinquanta rapine in pochi giorni ,   ma di rinforzi nemmeno l’ombra.
 L’escalation di violenza che da un paio di mesi sta investendo l’intero comprensorio turba l’opinione pubblica e genera serie preoccupazioni. E così, mentre le istituzioni tacciono, in campo  non dovrebbe scendere solo il  sindacato, ma anche il singolo  cittadino e  questa sarebbe    una presa di posizione quasi obbligata di fronte a quello che sta succedendo: un risveglio delle coscienze che lascia ben sperare.
Crediamo sia arrivato il momento di alzare la testa e chiedere a voce alta maggiore sicurezza nel nostro territorio dove le persone oneste e laboriose devono avere il coraggio di unirsi e ribellarsi a questo stato di cose. L’indifferenza  delle istituzioni verso questi episodi  non fa altro che alimentarli ed è altrettanto dannosa quanto l’inefficienza di chi ci amministra che non fa niente per proteggere le nostre città . Ora c’è una strada sola da percorrere  e cioè uscire   tutti dal proprio  guscio  per rimpossessarci  della nostra terra  non possiamo lasciare il nostro Paese alla mercè dei  delinquenti , dei  mafiosi  che giornalmente ci rubano il salario guadagnato con il sudore della nostra fronte . È questo appello  il SIAP lo vorrebbe   rivolgere   a tutti quei cittadini che vorrebbero  per la  loro città un futuro completamente diverso dal presente.
Si risparmia su tutto,  si abbonda su tutto quello che è gratis e che non serve a nulla: i poliziotti non possono protestare  contro una politica inconcludente che, a fronte di tante promesse, porta a casa un nulla di fatto con un pacchetto sicurezza che inasprisce in maniera totale il cittadino , ben sapendo che mancano i poliziotti e i mezzi per far sì che le leggi vengano rispettate, e che i delinquenti veri rapinatori, stupratori, ladri  ,mafiosi e omicidi  vengano arrestati.
La Polizia di Stato corre il rischio di essere ridotta ad un cane che abbaia senza mordere contro i delinquenti che ormai agiscono indisturbati nella nostra società . Adesso c’è ,davvero, il rischio che il livello di sicurezza garantito ai cittadini si abbassi considerevolmente.
Gli organici continuano ad assottigliarsi e l’età media del personale aumenta. Una situazione che incide in maniera negativa, soprattutto, sull’operatività esterna, ossia, per i servizi di prevenzione e repressione dei reati.
Nella Finanziaria non è previsto nessun fondo per rinnovare il contratto di lavoro ai poliziotti i quali saranno ,quindi, costretti a lavorare e a rischiare ogni giorno la propria vita in cambio di uno stipendio sempre più consumato dalle tasse e dall’inflazione.
Il governo fornisce fondi sufficienti per assumere 1.300 poliziotti nei prossimi tre anni, e si ritiene anche soddisfatto perché, a suo dire, “viene incrementato l’organico delle Forze di polizia”. Siamo davvero sull’orlo del baratro.
Mancano macchine, mezzi e strumenti di lavoro: si fanno servizi delicati e rischiosi con automobili che hanno più di 300.000 km e sono pertanto del tutto inaffidabili. Mancano le risorse per rinnovare le armi in dotazione e persino per le munizioni. Mancano perfino i soldi per le divise e per le giacche invernali, e gli uffici diventano sempre più fatiscenti perché vengono abbandonati a sé stessi.
Per questi reali motivi  il SIAP  si  sente in  obbligo di lanciare  un grido d’allarme, nella speranza che il senso dello Stato induca i Ministri e il governo a cambiare subito e radicalmente la rotta sulla sicurezza.


mercoledì 25 gennaio 2012

L’Italia : una crisi nella crisi



Un paese che cerca di rimanere a galla , ma affonda inesorabilmente , che non ha più fiducia nelle istituzioni , che per farsi ascoltare è costretto a bloccare le autostrade e a impugnare i forconi  . Iniziano  così  i giorni più difficili del governo con lo sciopero dei tir che minaccia di paralizzare tutta l’Italia,  un governo che varando  il decreto sulle liberalizzazioni ha giocato la carta più pesante al tavolo della riforma del mercato del lavoro , con cinque proposte , tra le  quali  il superamento della cassa integrazione straordinaria e l’introduzione dell’indennità di disoccupazione
 Il tutto mentre le tasche sono sempre vuote a differenza della paura sempre in aumento per  un domani senza speranza.  Cercare di fare il proprio dovere  al meglio sembra essere  diventato un lusso . Un popolo che si sente sempre più presi in giro da un sistema  di potere dove cambiano i governi ,ma la musica resta sempre la stessa : una ostinata , subdola , insensata , autolesionistica , feroce volontà di distruggere il mondo dei lavoratori … un fatto inaudito , che la dice lunga su quanto sia vicino al punto di rottura la capacità di SOPPORTAZIONE del popolo italiano. Difficile dargli torto  anche perché un governo tecnico , che tante speranze aveva suscitato al suo insediamento , è riuscito finora solo a tramortire il paese con una valanga di nuove tasse e a inebetirlo con il paese dei balocchi delle liberalizzazioni che fanno risparmiare alle casse chissà quante centinaia di euro.
E noi italiani siamo sempre pronti a osannare chi urla , chi sbraita parolacce in stile “uomo –forte” che risolleverà le sorti del popolo italiano perché  siamo sempre bravissimi a trovare la pagliuzza nell’occhi del vicino e mai a prendere coscienza della trave che è nel nostro , come diceva Gesù Cristo .Questo è un ottimo metodo evangelico di considerare pagliuzze quelle nell’occhio dell’altro e travi nel proprio . Procedendo  così ,  cioè auto – assegnandosi ciascuno  di noi con  il compito più gravoso  di  rimuovere le  travi, c’è la garanzia di giungere più in fretta ad una soluzione .
Mi risuona ancora una volta nelle orecchie il monito lasciato da Aldo Moro un paio di anni prima della triste morte sotto i colpi dei brigatisti . Aveva detto : Questo Paese non si salverà , e la stagione dei diritti e delle libertà si rivelerà effimera se in Italia non nasce un nuovo senso del dovere.” Oggi direi che è tempo di un accurato esame di coscienza . Il punto di crisi che stiamo vivendo ha sapore economico , certamente ; ma è anche debolezza culturale di uomini e donne con scarsa ispirazione per sostenere un’etica adeguata alle nuove sfide. Del resto  quando le cose  non vanno è sempre colpa di qualcun altro .   Avremmo bisogno di rivedere e rifondare i perché e i percome vogliamo stare insieme , se da cittadini di uno Stato democratico o da clienti , o da predatori , o da sudditi  di una comunità intesa come supermercato delle vanità . Quando leggiamo di evasore fiscale miliardaria , di occupazione del potere per fini ignobili , di adesione acritica a progetti politici demenziali , di scippi quotidiani al patrimonio comune, c’è poco di cui rallegrarsi e meno ancora motivo per cui sperare che alla lunga tutto resti in piedi .
  Non è necessario essere degli economisti per rendersi conto il risultato da questo punto di vista sarà pari a zero . Nulla  si è fatto invece per ridurre i costi della politica , per diminuire in modo consistente il debito pubblico ,per razionalizzare la spesa pubblica…  indignarsi ora è il minimo che si possa fare se si vuole dare una speranza al paese .

sabato 31 dicembre 2011

BUON ANNO



Carissimi amici,
un altro anno si sta spegnendo, un anno che vorrei cancellare ma in fondo sarebbe troppo comodo farlo. Nella vita serve anche il dolore, sì , serve anche quando uccide, per quanto assurdo possa sembrare è utile … utile  a sorridere profondamente quando smetterà di piovere e la nostra anima finalmente  abbraccerà il sole . Il 2011 che ci apprestiamo a salutare è stato uno dei passaggi storici più duri per l’Italia e, di conseguenza, inevitabilmente anche per le nostre famiglie . Il Governo Berlusconi ci lascia, dopo anni di ottimismo  in  una situazione economica che risente in modo drammatico la crisi globale. C'è una crisi terribile che ha reso molta gente ancora più povera, e che ci fa guardare tutti al futuro più con paura che con speranza; ad alcuni verrebbe forse la voglia di gettare la spugna, ad altri di continuare ad indignarsi e lottare per tentare di cambiare qualcosa mentre molti semplicemente continueranno nella loro indifferenza. Anche per gli uomini delle forze dell’ordine  è stato un anno difficile, fatto di delusioni , incomprensioni, decisioni sofferte, spaccature, ma anche di piccole conquiste perché  il sogno di poter restituire la “DIGNITA’ ”  alla nostra amata “DIVISA”  è ancora  viva in noi.  Noi del SIAP  crediamo fermamente  nella necessità di un impegno culturale, sociale e politico che porti una maggiore consapevolezza e che possa spiegare alla gente come sia possibile vivere meglio senza essere schiavi di questo sistema economico che favorisce gli interessi di pochi disonesti e affama tutti gli altri, che da sé produce il proliferare degli affari criminali, che non sono solo quelli della mafia , ma anche quelli delle grande multinazionali che sopprimono i diritti dei lavoratori.
Oggi è la vigilia di un capodanno  poverissimo per l’Italia  neanche il nuovo Governo “tecnico”  è riuscito a dare speranze al Paese, e nonostante le parole confortanti, come “L’Italia ce la farà”, appare piuttosto evidente che i “sacrifici” richiesti superano di gran lunga “l’equità” prospettata perché  è criminale  l’uso della violenza istituzionale, la riduzione delle possibilità di esprimere il proprio dissenso e di manifestare liberamente e quindi tutto ciò che appartiene ai cosiddetti decreti sicurezza, che al sicuro tengono solo i privilegiati e gli incoronati dal potere. Infine criminale è l’uso della disinformazione e del revisionismo, tutto ciò che nasconde la verità e crea falsi miti mediatici, punta i riflettori sul nemico di comodo , propone finte opposizioni e alternative che provengono in realtà dalla stessa penna …  intanto prolifera la corruzione, lo sgretolamento della costituzione e delle istituzioni, dello STATO  di DIRITTO .

La manovra “salva Italia” non si comprende bene chi salverà, mentre la scure delle tasse , si capisce altrettanto bene, colpirà le solite categorie, non certo gli intoccabili. L’Italiano comune è disorientato, è più che preoccupato, adesso è “quasi” impaurito: non riesce a vedere una prospettiva, né a breve, né a lungo termine: non comprende come i “sacrifici” che gli vengono richiesti  anzi  imposti possano cambiare veramente lo stato delle cose… bisogna cambiare strategia per dare un futuro al Paese perché non ci sono salvatori della Patria con ricette veloci  giuste e in dolore .   Oggi il mondo intero sta vivendo una delle fasi più difficili della storia: un periodo di grave crisi economica che sta cambiando radicalmente i nostri stili di vita, ma anche e soprattutto il nostro modo di pensare. La paura, l'incertezza, i dubbi stanno portando la collettività a chiudersi in se stessa e abbandonare ogni forma di partecipazione sociale , ma  anche se un nuovo anno si aprirà, con i suoi sogni infranti , la speranza e la voglia di fare ci porteranno a tentare nuovi percorsi  , strategie  e  a relazionarci nel  sociale che ci aiuteranno ad incontrarci, a confrontarci  e a lavorare assieme.  Il messaggio che voglio dare a tutti voi, in occasione del nuovo anno, è proprio finalizzato a destare in tutta la collettività quel vivo sentimento di speranza che le cose possano cambiare, devono cambiare ! Non neghiamo assolutamente la criticità della situazione ma, come la storia ci insegna, dalle macerie morali e materiali, si possono ricostruire valori, stili di vita e modelli partecipativi in grado di restituire il benessere a tutti noi.

Auguri  per un  felice Anno Nuovo, con la SPERANZA  di un futuro migliore fatto di salute,  serenità  e pace.

domenica 25 dicembre 2011

AUGURI BUON NATALE




Carissimi  amici,  desidero con questa missiva  invitarvi   ad  alcune riflessioni  per  aiutarvi e aiutarmi  a        cogliere  il senso  di questo   Natale  che  giunge  mentre  viviamo  momenti difficili per noi, per il nostro paese, per l'Europa e per il mondo intero .
La preoccupante situazione di difficoltà di tante famiglie, ribadisce la consapevolezza che alle feste natalizie l’Italia si avvicina con diverse e pressanti preoccupazioni, prime fra tutte i durissimi effetti della crisi economica sulla vita concreta delle persone e la perdurante crisi politica.
Sì, il Natale è un giorno amico dell'uomo e quest'anno vuole esserlo ancor più perché  ne abbiamo bisogno!  Gli anni passati non sempre sono stati  amici,  anzi, sono stati freddi  e  bui,  com'era  fredda e buia la notte dei pastori. Dobbiamo essere consapevoli  che l'inimicizia dei giorni passati non è stato il frutto di un amaro destino, ma ci sono state cause profonde. Il profeta Aggeo ci esorta a  pensare: “Riflettete bene sul vostro comportamento! Avete seminato molto, ma avete raccolto poco… l'operaio ha avuto il salario ,ma per metterlo in un sacchetto forato… facevate assegnamento sul molto e venne il poco; ciò che portavate in casa io lo disperdevo. E perché? Perché la mia casa è in rovina mentre ognuno di voi si dà premura per la propria casa” (Ag. 1, 6-9). Sono  parole  scritte  anche  per  noi,  oggi.  E' vero,  abbiamo edificato società poco giuste e poco sane: le ricchezze e il benessere, ad esempio, non sono condivisi equamente, i diritti umani non sono goduti da tutti, le risorse non sono servite per garantire una vita  dignitosa  nel  pianeta.  La  globalizzazione  e  l'apertura  dei mercati sono stati, senza  dubbio, un'occasione  di  crescita  e  di diminuzione della povertà, ovunque, ma il mondo è cresciuto male e con troppi squilibri. All'opulenza e all'abbondanza di pochi è corrisposta, sempre più, la miseria di molti. Per di più, tanti di noi hanno  vissuto,  e vivono  ancora,  al  di  sopra  delle  possibilità, consumando ciò che non è necessario, accumulando beni e titoli spregiudicatamente,  affidando  lo  scopo  della  vita  a  ciò  ch'è materiale,  dimenticandosi  di  condividere  con  gli  altri, risorse  e opportunità. La crescita materiale, senza la crescita della moralità ,porta sempre squilibri pericolosi ed è avvenuto anche per le cose materiali quel che diceva Aggeo: “L'operaio ha avuto il salario ma per metterlo in un sacchetto forato”. Si è prodotta più ricchezza ma è stata messa in un “sacchetto forato”e si è dispersa. Il sacchetto viene  continuamente forato dall'egoismo,  dall'ingiustizia,  dalla ricerca  di ricchezze sempre  più spregiudicate  e fuori  controllo, unite  ad  una indifferenza diffusa  che fa  chiudere  gli  occhi  e il cuore.
È  Natale  e anche quest'anno torna sotto le vesti amiche e ci suggerisce:  “questo tempo  di  crisi  non  è solo  una  condanna,  è anche un'opportunità”…  sì, questo tempo difficile è un momento opportuno per una svolta, per ripensare al nostro modo di vivere, per ridisegnare  gli ideali  per  cui  vale la  pena spendere la  vita.
Richiede  un  sussulto  morale  sia  personale  che  collettivo perché anche noi  stiamo  traversando  un  deserto  e  dobbiamo quanto  prima scegliere uno stile di vita più sobrio, più solidale, più mite, più pacifico. Non possiamo più comportarci come in passato. Dobbiamo scegliere altri modi di vivere, meno affannati e più attenti ai rapporti  umani,  in  famiglia,  tra  noi e  con gli  altri.  Essere  meno egocentrici  e  più  attenti  al  bene  comune  delle  nostre  città,  del Paese.
Per troppo tempo abbiamo vissuto distratti e indifferenti a quel che accadeva attorno a noi. Siamo stati troppo concentrati solo su noi stessi e sui nostri problemi. Abbiamo lasciato campo libero alla soddisfazione individuale a qualsiasi costo e siamo diventati tutti succubi di una nuova DITTATURA , quella del materialismo: l'ideale è  possedere e consumare. Sono evaporati i grandi ideali e si sono sgretolati tutti i sentimenti solidaristici. Oggi che   la crisi ci rende tutti più poveri e comunque più preoccupati, ci troviamo anche più fiacchi e più soli perché la responsabilità è di tutti noi  e  non
solo di coloro  che  guidano  le sorti del nostro Paese .
Il Natale è il tempo per rinascere, per trasformare i nostri cuori, per ridare una speranza nuova a tutti, per rendere più serene le nostre vite  perchè il Natale ridona la speranza ai cuori, da forza alle braccia e alla mente,  è un sogno per cui si deve vivere serenamente .

Un pensiero vorrei rivolgere sulla situazione del nostro Paese che  in  questi  giorni si sta  avviando  verso  una  nuova stagione politica. Abbiamo visto esponenti della società civile, persone del mondo della cultura, dell'economia, delle istituzioni, mettersi al governo e al servizio dell'Italia in un momento cruciale e di svolta. Oggi vi è una contingenza storica particolarmente ardua da affrontare e  da superare per tanto   necessitano   nuove  energie  e  migliori forze che  convergano  tra loro per condurre l'Italia e l'Europa fuori da un grave pericolo di sfaldamento.

Il nostro Paese ha bisogno di una compattezza nuova e di un risorgimento spirituale e sociale per affrontare in maniera adeguata questo tempo e superare la pericolosa soglia della depressione. Noi  onesti  siamo chiamati a ridare fiducia ad un Paese che rischia di perdere l'anima.  Il mio pensiero va  in particolar modo  ai tanti giovani  che  non  sanno  più  guardare  al futuro  con  speranza  ed entusiasmo e quando un giovane è senza speranza e senza entusiasmo  non  è  più  giovane,  diviene subito,  troppo  presto,  vecchio.
Quante famiglie devono convivere con l'ansia di un impiego fragile in un mondo del lavoro instabile e rischioso! Così, la paura per il lavoro e la sua mancanza intaccano spesso i rapporti umani. Anche gli affetti quotidiani, quelli più intimi come le amicizie, risentono di un tempo oscuro di crisi e si diventa più tristi, più chiusi, si covano insoddisfazioni e rabbia. C'è bisogno di sostegni, di segni di speranza, di Qualcuno di cui potersi fidare e a cui potersi affidare,ma dobbiamo seguire la via dell'amore, quella che ci fa ripetere la bella affermazione di Gesù: “C'è più gioia nel dare che nel ricevere”(At. 20,35).
Oggi il nostro Paese è nelle condizioni in cui si trova la colpa principale è della politica, sia quella di questi ultimi anni che di quella dei decenni passati. Ed è anche vero che se oggi abbiamo un governo tecnico, costretto a varare una manovra durissima per salvare l’Italia, questo è dovuto ai limiti che la politica ha dimostrato negli ultimi anni ma anche negli  anni precedenti. Però è anche vero che non tutti i politici sono uguali e molti hanno ancora a cuore, come deve essere, l’interesse della collettività. Credo sia un punto di ripartenza importante e questa rinnovata voglia di partecipazione deve essere coltivata ed estesa ai giovani, che devono essere messi nelle condizioni di riappropriarsi del loro futuro.
Non ci può essere una prospettiva di crescita e la speranza concreta di uscire dalla crisi se ci si ferma ai soli tagli e alla tassazione anche perché i tagli non sono stati così incisivi e dove  è necessaria la tassazione che  è ancora rivolta prevalentemente ai soliti noti, a chi già sta dando il suo contributo. Si capisce, perciò, come sia difficile fare gli auguri di Buon Natale. Però, da cristiano dico che bisogna avere fede e confido che il Natale possa portare a tutti noi serenità, fiducia e speranza per un domani migliore del quale da semplice uomo dico che dobbiamo esserne protagonisti tutti insieme, evitando di delegare il nostro futuro a chi non si è dimostrato in grado di gestirlo. 
Auguri di cuore a tutti .